André Beuchat

André Beuchat è nato a Neuchâtel (Svizzera) nel 1956 da madre veneziana e da padre svizzero. Dopo gli studi nella sua città natale, parte per Roma (trascorrerà due anni, 1976-1978, nella Guardia Svizzera Pontificia, entrando così in contatto con le testimonianze artistiche dei grandi maestri del passato). Frequenta nel 1978 la scuola di restauro Palazzo Spinelli a Firenze; nel 1980 apre un laboratorio di ceramica d’arte a Fidenza. Dopo aver seguito un corso di calcografia presso il Centro Internazionale della Grafica a Venezia, inizia nel 1986 la sua attività di incisore. Il suo corpus calcografico comprende sino ad oggi (2016) più di 700 lastre, la maggior parte acqueforti e puntesecche su rame stampate nell’atelier Alma Charta. Espone regolarmente in Italia e all’estero. Nel 2005 crea l’Atelier Alma Charta a Toccalmatto di Fontanellato, presso Parma; collabora con scrittori e poeti, realizza libri e quaderni d’artista in tirature limitate con caratteri mobili e incisioni calcografiche. Partecipa attivamente a rassegne estere di bibliofila d’arte, quali le Salon Page di Parigi, il Buchdruckkunst Messe di Amburgo, il Minipresse Messe di Magonza, Artpage a Octon, il International Project Book di Marsiglia, il Biblioparnasse di Dives-sur-Mer, il Codex Book Fair di San Francisco. E’ l’ideatore e promotore del salone internazionale del libro d’artista e della stampa d’autore Liberbook a Parma ( 2013 – 2015).

L’atelier Alma Charta, unica realtà in terra bodoniana,  è stato recensito nel 2012 dall’Istituto per i Beni Culturali e Naturali della Regione Emilia Romagna.


Sposato e padre di due figlie, vive a Toccalmatto, presso Parma.

Le sue opere sono presenti in collezioni pubbliche e private fra cui: 
le Musée d’Art et d’Histoire de Delémont, le Musée d’art de Neuchâtel, de la Ville du Locle, de Vevey, la Fondation Le Grand Cachot, le Cabinet des Estampes à la Bibliothèque Nationale de Paris, il Gabinetto di Stampe Bertarelli di Milano, di Bagnacavallo, l’Albertina a Torino, la Biblioteca Comunale Sormani di Milano, la Biblioteca Nazionale a Berna, la Biblioteca universitaria e cantonale di Losanna, la Green Library della Stanford University, la Koninklijke Bibliotheek, le collezioni comunali di Olzai, la Médiathèque de Boulogne-Billancourt, il Gabinetto Scientifico Letterario Vieusseux di Firenze, il Museo della Carta e della Filigrana a Fabriano, la Biblioteca Apostolica Vaticana a Città del Vaticano, la Biblioteca Palatina di Parma, la Biblioteca della Soprintendenza dei Beni culturali di Parma, la biblioteca del monastero di Siloe,  Poggi del Sasso.

 

E' uscita nel 2024 la Monografia di André Beuchat, Edizioni Lelivredart, Parigi

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André Beuchat

a proposito

Manuela Bartolotti

L'Atelier Alma Charta di André Beuchat, a Toccalmatto di Fontanellato, è un luogo incantato dove il tempo pare essersi fermato. Un’antica stalla è stata trasformata in fucina creativa dove si possono ammirare imponenti torchi da stampa, cassettiere con un’infinità di caratteri al piombo (persino i rari Bodoni) reperiti in giro per l’Europa e naturalmente le sue opere, elaborate stampe dalle suggestioni fantastiche, raffinati libri d’arte realizzati in carta fatta a mano, a tiratura limitata, legati artigianalmente e contenenti il distillato di poesia, pensiero, filosofia di grandi scrittori del passato o contemporanei. Recarsi in questo luogo non è però solo un accrescimento dello spirito, un’immersione nella storia e nella cultura, ma anche nella natura perché tutt'intorno vi è un’isola vegetale di un passato vivaio e un bosco spontaneo, rifugio di meditazione. Si finisce per trovarsi come nelle sue stampe avviluppati nella natura, trascinati in una dimensione di sogno, fuori dal tempo. Le lancette degli orologi – quest’ossessione dal retaggio svizzero – sono ferme, i meccanismi penzolano arresi all'arte che non si fa costringere da minuti o secondi. Le cose, le persone, i numeri, le lettere volano via nelle incisioni di Beuchat. Tutto è possibile anche in bilico sull'eternità, in vertiginosa attesa su precipizi e labirinti del pensiero. C’è qualcosa di surreale, di magrittiano e di kafkia nelle sue opere, l’amore per l’assurdo alla Dürrenmatt, paradossi geniali (solitudine nella moltitudine, prigione della libertà, dell’infinito possibile, esterni che si fanno interni e viceversa), alcune soluzioni che ricordano Escher. E c’è tanta letteratura, tanta riflessione dietro e dentro le sue incisioni, ma alleggerita dalla fantasia e dalla poesia. Quello che la fantasia e la conoscenza affollano, la poesia alleggerisce. E’ il bianco silenzioso evocativo, il nero caldo e vibrante dove tutto ricomincia, necessario al respiro, al salto dell’anima nel mistero e nella sua bellezza che stordisce.
Dopo l’alchimia dell’inchiostro e della carta, della parola e della visione incantata a sedurre intrappolandola, la mente, arriva anche l’attrazione del palato, perché Carla, la moglie di André, è cuoca sopraffina. E si possono assaporare pietanze di pregiata arte culinaria per l’appagamento di tutti i sensi.
Se si vuole soddisfare corpo, mente e spirito nel modo più originale, attraverso l’arte in tutte le sue declinazioni, allora conviene recarsi nell'isola incantata dell’atelier Alma Charta di André Beuchat a Toccalmatto di Fontanellato (Parma). Indimenticabile.

Paolo Bellini

Scrive Paolo Bellini, in “A proposito dell’arte di Beuchat” (da “André Beuchat, visione e sentimento”, 2000): «Ogni artista degno della sua professione sa che l’opera d’arte è essenzialmente allegoria. “Allegoria” deriva dal greco “dire altro”. E Beuchat, che della sua professione è degno, costantemente con le sue opere propone allegorie».

«Come ogni artista ha intuito che tutta l’umana realtà – la natura, la storia, le persone – è insieme quel che è e quel che nasconde. Con la differenza che la parte nascosta, sotto il velo delle apparenze, è infinitamente più sostanziale della parte visibile».

«Non a caso, dunque, l’aspetto significativamente più seducente dell’opera di André Beuchat risiede nell’inesauribile forza dell’allegoria, attraverso la quale propone alla visione dello spettatore simulacri di immagini dietro le quali cela altre significazioni, che allo spettatore spetta individuare, leggere, decifrare, interpretare».

«Mai l’opera di Beuchat appare un “sistema concluso”, mai la sua opera postula una lettura univoca, mai la prima visione collima con l’ultima. Qui risiede la forza dell’allegoria, la capacità cioè di dire una cosa significandone un’altra, e qui viene riservato un ampio spazio alla capacità di ascolto e di lettura dello spettatore».


«Le opere di Beuchat, tuttavia, postulano uno spettatore intelligente, abituato a concedere alla propria visione un tempo non fuggevole, in grado soprattutto di distinguere fra un’opera che dice tutto subito e un’opera che si svela per gradi nell’intuizione di chi la guarda».

«Le componenti dell’arte di Beuchat sono molteplici, ma una su tutte può essere sottolineata, quel sottile richiamo a un romanticismo venato di surrealismo, che delicatamente contrassegna gran parte delle sue acqueforti. Le due componenti del resto – quella surreale e quella romantica – ben si fondono con la costante tensione allegorica presente in Beuchat».

«Si possono leggere suggestioni romantiche nelle frequenti prospettive che conducono a punti lontani, silenziose vie alberate o lunghe scalinate, ma anche nei soggetti un po’ misteriosi, costruzioni diroccate nel bosco, nascoste dalla vegetazione, case dalle finestre sbarrate.
Si può poi scorgere il surrealismo nella chiave di lettura che inevitabilmente risulta indotta, quella di realtà improbabili ma possibili».

«Qui il sogno romantico proteso nel futuro viene ricondotto a un sogno da attuarsi nel presente. Come dire che le cose sono solo apparenze e che il significato più vero è quello delle cose invisibili. Come dire che Beuchat presenta realtà improbabili, che sono però più stimolanti di quelle visibili, per percepire i significati nascosti dell’invisibile. Nascosti, ma più veri». […]

(Paolo Bellini, “A proposito dell’arte di Beuchat”, da “André Beuchat, visione e sentimento”, 2000)

Italian Ways

«In medio stat virtus»: nel caso dell’atelier Alma Charta, la famosa sentenza latina va interpretata non come generica esortazione morale a ricercare il giusto equilibrio fra estremi, ma quale pura e reale indicazione geografica.

Il luogo cui si allude è Toccalmatto, frazione di Fontanellato, in provincia di Parma. E la medietà si individua nell’equidistanza geografica del paesino fra Neuchâtel, città svizzera in cui è nato l’acquafortista André Beuchat, e Roma, caput e omphalos mundi.

È lo stesso Beuchat, creatore di Alma Charta, a fornire questa curiosa indicazione spaziale.

L’evocazione della virtù non è sua, naturalmente, ma di chi ha visitato l’atelier, di chi ha visto Beuchat al lavoro – fra caratteri mobili, inchiostri, carte, torchi calcografici, lastre di rame, bulini –, di chi ha guardato le sue opere.

Insomma: la Virtù dell’arte ha una casa a Toccalmatto.

( http://www.italianways.com/alma-charta-arte-virtu-ed-equidistanza/ )

Manuela Bartolotti

La vita penetra nella carta, la carta stessa è vita: ha spessore, morbidezze e rugosità, ha odore di colle e d’inchiostri, ha fruscio nell’aria, ha luce e spiragli. Un foglio può essere spazio infinito, luogo di viaggi e ricerche, di persistenze e d’oblii.Per noi che corriamo sui giorni, fagocitati dai meccanismi freddi dei motori, dei computer, su binari senza sensi e spesso senza senso, approdare in un’isola come quella dell’atelier Alma Charta di André Beuchat a Toccalmatto di Fontanellato (Parma), è come migrare nel tempo per riscoprire il vero gusto della bellezza.

Maria Gioia Tavoni

L’arte antica dell’incisione sembra a prima vista che possa essere quasi solo una tecnica, ma non è così: alle difficoltà del segno e della morsura, unisce anche quella della inventio, che per Beuchat è un insieme inscindibile fatto di profonde alchimie fra loro strettamente congiunte, come solo grandi del passato e alcuni contemporanei d’eccezione hanno saputo conquistare. Concorrono nell’incidere una lastra molti fattori, come è noto. Il paesaggio dell’incisore non è solo uno stato d’animo ma una prova del suo carattere e della sua volontà di agire sul mondo. Nell’universo piatto di una lastra di rame, con dei confini bene individuati, egli mette infatti un mondo in movimento; “provoca” delle forze che sono inizialmente addormentate. Bisogna dominarlo questo mondo! E non è per niente facile. Se la conquista di questo paesaggio inciso richiede una prova di forza (il metallo è una materia dura), essa deve essere accompagnata da doti essenziali: la volontà e la capacità di non perdere mai di vista l’ispirazione che alberga nell’artista.

L’approdo al libro di piccolo formato è per Beuchat ricco di profonde implicazioni. Non solo l’incisione è in primo piano, infatti: come avviene per molti libri d’artista, pure le parole sono protagoniste, le quali rappresentano la felice declinazione interpretativa dell’immagine. Il tutto sapientemente orchestrato attraverso il supporto – la carta a mano – e l’uso di caratteri mobili se non proprio d’epoca cinque-settecentesca, sicuramente appartenuti ai set di tipografi del passato che Beuchat insegue nelle loro peregrinazioni e nei loro abbandoni del mestiere primitivo, e che consentono, per ricorrere alla bella espressione di Alfieri di «fare di carta bianca carta nera». Uno alla volta, su di una forma appositamente predisposta, i singoli caratteri mobili vengono allineati ora per un unico o per pochi versi, ora per un brano da affiancare all’immagine. È così che nascono i «Libretti d’arte» di Beuchat, racchiusi in collane dai titoli evocativamente magici; è così che poeti e scrittori nuovi e pure antichissimi riemergono e vengono passati sotto il torchio a mano uniti alle lastre che ne esplorano i contenuti più ancora che non le nude loro stesse parole. Il tutto in bianco e nero, bianco smagliante e nero illuminato, o perfino satinato, un godimento della vista che inebria per le sue vertiginose interpretazioni.

Figlio di terra svizzera (è nato a Neuchâtel) Beuchat è approdato in Italia in un momento in cui l’arte della riproducibilità, per dirla con Benjamin, si trovava e si trova ancora ad un bivio: difficile e poco remunerativa viene perseguita unicamente da cultori e non trova da noi quella corrispondenza che invece all’estero, in particolare in Francia ma anche nella sua terra, continua ad alimentare un mercato fiorente di appassionati, di competenti e di esperti. Forse ancor più dei colori e del sole, il nostro paese ha conquistato Beuchat per la storia millenaria del libro affrancatosi definitivamente con l’ars artificialiter scribendi e che, con Manuzio allo schiudersi del Cinquecento, il secolo d’oro della stampa, ha lasciato vertici come l’Hypnerotomachia Poliphili (1499) di Francesco Colonna. È questo libro, icona dell’oraziano ut natura poësis, sicuramente incontrato da Beuchat sul suo cammino, che mostra quanto fosse forte già a quella altezza cronologica il binomio, sincretico e allusivo nel contempo, della parola con l’illustrazione.

Fare libri piccoli, adorni, ricchi di tecnica e spesso di inquietante poesia, significa inoltre per Beuchat mantenere vivo anche in Italia un manufatto sottoposto sempre più di continuo a sfibranti attacchi che sembrano vogliano annullarlo e sottrarlo al godimento dei sensi. Ma dato che «TECA» è una rivista on-line, si vada al sito di Beuchat. Anche solo visitare il suo sito significa infatti immergersi nelle sue feconde intuizioni perché una stampa, un libro di André Beuchat sono un’esperienza che scava nel profondo. Si provi pertanto ad esplorare le pagine del web di Alma Charta: sembra di «entrare in un bosco d’inverno: bianco, nero, silenzio», come opportunamente è stato rilevato.

(http://teca.patroneditore.com/artelibro/6086.html)

In club, Firenze

Dal Dizionario dell’incisione figurativa italiana contemporanea.
"André Beuchat è nato a Neuchâtel nel dicembre del 1956. Vive a Toccalmatto, vicino a Parma.
Scuola: fuoriscuola. Biografia: dopo aver aperto un laboratorio di ceramica, inizia nel 1986 la sua attività di incisore presso la Scuola Internazionale di Grafica a Venezia. Ma il suo vero apprendistato lo fa con se stesso approfondendo da autodidatta le varie tecniche. Corpus calcografico: 470 incisioni. Tecnica preferita: acquaforte. Soggetti prediletti: interni, nature morte con orologi, libri, scalinate, case in rovina, giardini abbandonati, meccanismi, figure mobili e immobili. Note stilistiche: classico, impressionista, metafisico, immaginario. Beuchat incide lo scorrere del tempo su cose immobili e disarticolate, polverizzate in una morte prematura, in un tattile abbandono, La sua sintassi è classica e la sua pagina può permettersi qualunque avventura stilistica, qualunque forzatura. Beuchat è alla ricerca del “sublime”. Catalogo generale: (presentazione di Paolo Bellini e di Nicole Minder), Modena, 2000."

Leo Stein

André Beuchat nato a Neuchâtel il 16 dicembre 1956, acquafortista a Toccalmatto. Top dell’acquaforte svizzera. Top dell’acquaforte italiana per mamma veneziana. Maestà e visione dell’acquaforte. Realtà fantastica e mistero. Una grande orchestra di segni dove nessuno strumento stona. Beuchat si rifà a Beuchat. Fa fogli incisissimi come Beuchat. E quando sembra rifarsi a…si rifà a Beuchat. Se qualcuno ricorda la differenza fra bellezza e sublime che fa Kant in un libretto per nostra fortuna breve…beh Kant evidentemente si riferisce a Beuchat che non credo l’abbia letto. In ogni caso cerca la bellezza e stampa il sublime. Incide a fili più che a segni …

Angelo Dragone

...a dominare, nell’opera di Beuchat, è però soprattutto quel “ colore” quasi d’argento e cenere ….
…è sempre una questione di linguaggio: quel sottile puntinato o quel filo esile, fine, che non è mai tratteggio, ma leggerissima trama; senza velature né grigi fondi (come d’acquatinta), ma in un inchiostro nero perfettamente dominato nelle sue intensità, sino a graduar la luce in un realismo puntuale, che sa d’un qualcosa di magico, mai convenzionale, irreale, ai limiti del sogno…
…le sue acqueforti sanno, dunque, d’una visione ad occhi aperti, d’una sorta di fiaba dai soggetti a volte notturni, ma più spesso sapendo di interminabili meriggi, dominati dal silenzio: come quando ci si sente sospesi tra il sonno e la veglia e ogni suono si smorza, sino a perdersi. Ma, intanto, i verdi sipari di Beuchat stanno immobili, come persi, fuori del tempo, in uno spazio tutto loro…

Adriana Torrazza

…dagli atri muscosi, dai fori cadenti…chissà perché, osservando le acqueforti di André Beuchat, mi si affacciano alla mente questi versi del Manzoni. L’artista, che è nato nel 1956, sembra decisamente troppo giovane per ritrarre atmosfere che non esisterei a definire gotiche. Le facciate fatiscenti di case che appaiono vuote da tempo immemorabile, i rampicanti abbarbicati a mura diroccate che divorano lo spazio e cancellano i contorni delle abitazioni, le mensole di libri polverosi e sfogliati all’infinito, accatastati in una babele di forme e dimensioni, la profusione di canditi teli mossi dal vento e penzolanti da finestre ormai abbandonate, che si aprono sulla strada come pensose occhiaie vuote, i viottoli oscuri che serpeggiano nel bosco portando chissà dove… Questi i soggetti che l’artista propone e ripropone a se stesso e ai suoi estimatori, in un’incredibile varietà di interpretazioni, tutte magistrali e tutte accattivanti.
Atmosfere inquietanti
Vien voglia di varcare quelle soglie oscure, di percorrere quei sentieri che si perdono nel nulla, di sfogliare quei libri e quaderni che altri hanno consultato prima di noi, di sollevare quei tendaggi misteriosamente appesi alle finestre. Vien voglia, è vero, ma spaventa quello che vi si potrebbe scoprire, ed è forse questo alternarsi di sentimenti che tanto affascina nelle opere di André Beuchat.
Tutto quanto ritrae è così preciso, così minuziosamente definito che si è portati a dimenticare la finzione del disegno tracciato in punta d’acciaio su una lastra di rame e a confonderla con la realtà più concreta e tangibile.
Sì, perché l’artista è un incisore e la tecnica dell’acquaforte gli è tanto congeniale da permettergli di piegarla al suo volere, di far vivere le sue opere anche in chi le guarda e vi si perde. A me sembra inoltre un narratore superlativo: in ogni sua incisione intravedo l’ordito di una storia, pronto ad essere tessuto dalla fantasia di chi osserva e se ne lascia trascinare.
Un mondo interiore
Le prospettive allungate, che fuggono verso l’alto ma fanno al tempo stesso in profondità, il ripetersi di scalinate che sembrano non finire mai richiamano alla mente la missione dell’essere umano, che è chiamato ad elevarsi pur riconoscendo la sua pochezza e l’immanità dello sforzo. Alla complessità dei soggetti André Beuchat contrappone la purezza estrema delle linee. Un artista serio e preparato come lui, che ha scelto una tecnica le cui origini risalgono all’400, induce al porsi qualche domanda sull’uomo che si cela dietro opere tanto incisive.
L’arte vista dall’artista
Di padre svizzero, André Beuchat nasce a Neuchâtel nel 1956, ma la sua formazione artistica si compie tra Roma e Venezia. La madre è infatti veneziana ed è probabilmente alla cultura italiana che l’artista deve la morbidezza del tratto, la ricchezza inesauribile dell’immaginazione e la capacità di abbinare il rispetto della tradizione a un’interpretazione moderna dei soggetti trattati. Modesto e poco incline a seguire le mode, si è fatto dell’arte un concetto tutto suo, che ricusa le opinioni ridondanti di molti critici. Dice infatti in suo scritto: << Che cos’è l’arte? È una domanda che non mi pongo mai; forse perché lavoro molto, forse perché l’opera d’arte rimane comunque un mistero e ogni parola per spiegarla è inadeguata. L’emozione di un segno tracciato su una lastra di rame o di una pennellata su una tela mi immerge nel silenzio. Per me l’arte è contemplazione è piacere dello spirito che coglie il significato della natura con gusto, decisione, pazienza. È una lezione di sincerità in cui la più preziosa ricompensa è la gioia di dare il meglio di sé. Se non c’è verità interiore non c’è arte >>…

Giuliano Petracco

…Gli aspetti della sua poetica si costruiscono nelle forme di un’architettura leggera, aerea e maestosa allo stesso tempo in cui il senso dello spazio si stempera nella sintesi costruita con la tecnica di una sperimentazione complessa, con tagli di luce e rovine della storia futura, ma non troppo…
… L’incontro con i brandelli di una realtà che da immagine si fa rovina è aspetto di una particolare idea del fluire della memoria collettiva: sintesi di un incontro con i problemi della polis ed il suo impossibile recupero…

Lino Lazzari

… c’è nelle sue incisione, l’atmosfera idilliaca di una realtà sublimata da ogni pesantezza descrittiva; egli giunge a realizzazioni di una bellezza idealizzata ricca di valori.

Paolo Bellini

Ogni artista degno della sua professione sa che l’opera d’arte è essenzialmente allegoria. “Allegoria” deriva dal greco, αλλα γορενω, “dire altro”. E Beuchat, che della sua professione è degno, costantemente con le sue opere propone allegorie … Non a caso, dunque, l’aspetto significativamente più seducente dell’opera risiede nell’inesauribile forza dell’allegoria… L’angosciante domanda di Gauguin “Dove andiamo?“, qui si trasforma in una semplice e brutale: “Così non si va da nessuna parte“. Un’affermazione netta, ma suggerita garbatamente, con la finezza sottile del poeta, che, camminando fra il fango, coglie fiori.

Diego Galizzi

Con le sue meticolose acqueforti Beuchat sembra volerci confessare alcune delle visioni più ricorrenti che attraversano il suo inconscio. Sono scenari fuori dal tempo e dallo spazio, dove predomina un'ossessiva proiezione verso la verticalità, emblematicamente rappresentata dal continuo affiorare delle torri. Sono monumenti annalzati all'inesorabile trascorrere del tempo, forse la paura più inconfessata dell'artista; li ritroviamo a volte come vorticosi testimoni dell'alternarsi del giorno e della notte, altre volte con le sembianze di torri del silenzio agghindate di orologi.